Federmeccanica presenta i risultati dell'indagine sullo stato dell'industria 4.0 in Italia

Il 64% delle imprese dichiara di adottare almeno una delle 11 tecnologie abilitanti considerate

La conoscenza dell’Industry 4.0 c’è ma le applicazioni sono ancora in fase iniziale

La competizione internazionale ci impone una forte accelerazione

 

Roma, 21 settembre 2016 – Sono stati presentati oggi a Roma i risultati dell’indagine di Federmeccanica “Costruiamo insieme il futuro” in merito alla diffusione di “Industry 4.0” tra le imprese metalmeccaniche italiane al fine di individuare il loro posizionamento rispetto a tale fenomeno.

Insieme a Fabio Storchi (Presidente di Federmeccanica), a commentare i dati emersi sono intervenuti: Carlo Calenda (Ministro dello Sviluppo Economico), Luca Beltrametti (Direttore Dipartimento Economia Università degli Studi di Genova), Gianluca Viscardi (Presidente Cluster Fabbrica Intelligente), Stefania Giannini (Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e Vincenzo Boccia (Presidente Confindustria).

L’indagine nasce su iniziativa della Task Force “Liberare l’ingegno” composta da rappresentanti del mondo associativo, accademico, imprenditoriale e della ricerca che Federmeccanica ha costituito con l’obiettivo di “accompagnare” le aziende manifatturiere in un percorso verso la digitalizzazione e la nuova “fabbrica intelligente”.

 

L’indagine considera 11 tecnologie e alcune skill individuate come abilitanti e qualificanti: Meccatronica; Robotica; Robotica collaborativa; Internet of Things (IoT); Big Data; Cloud computing; Sicurezza informatica; Stampa 3D; Sistemi di virtualizzazione e simulazione di prodotto; Nanotecnologie; Materiali intelligenti e analisi degli aspetti legati alle competenze manageriali.

L’analisi si basa su un campione di 527 imprese aderenti a Federmeccanica, che hanno risposto al questionario.

I principali risultati dell’indagine

Il 64% delle imprese campione (definite “adopters”) dichiara di avere adottato almeno una delle 11 tecnologie considerate; mentre il 36% (le “non-adopters”) dichiara di non averne adottata alcuna.

Rispetto al campione, gli adopters in media presentano le seguenti caratteristiche:

  • esportano una quota maggiore del proprio fatturato (44% contro 33%);
  • giudicano elevato il proprio livello di digitalizzazione (37% contro 14%);
  • hanno una quota più elevata di dipendenti laureati (19% contro 12%);
  • investono di più in R&D e formazione, hanno più contatti con Università ed enti di ricerca;
  • considerano più importanti per la propria competitività: la qualità, l’innovatività, la personalizzazione del prodotto e del servizio mentre giudicano il prezzo una variabile meno rilevante.

Gli adopters e le imprese che dichiarano alta digitalizzazione attribuiscono un’importanza significativamente maggiore al miglioramento della produttività, alla rapidità del time-to-market e all’utilizzo di sistemi virtuali per la progettazione e la prototipazione.

Tra le 11 tecnologie proposte, almeno il 50% degli intervistati dichiara di conoscere, in ordine decrescente di notorietà: la sicurezza informatica (93%), la robotica (85%), la meccatronica (76%), la stampa 3D (75%), il cloud computing (72%), la simulazione di processi e di prodotto (71%), IoT (55%).

Più un’azienda è digitalizzata, più cresce in percentuale il numero delle tecnologie effettivamente adottate.  

Le tecnologie sulle quali si concentrano maggiormente le intenzioni di investimento a breve termine (sull’orizzonte di 1 anno) sono: la sicurezza informatica (45%), la simulazione di processi e di prodotto (26%), il cloud computing (21%) e la robotica (20%).

Il ritardo delle imprese italiane sul tema “Industry 4.0” resta significativo, soprattutto perché le intenzioni di investimento nei prossimi anni sono mediamente basse, in particolare tra i non-adopters. In assenza di azioni correttive il divario tra le imprese più avanzate e quelle più arretrate è destinato quindi ad accentuarsi.

Se i temi dell’Industria 4.0 hanno effettivamente cominciato a diffondersi presso il tessuto manifatturiero italiano, tale processo è ancora in una fase iniziale e necessita di una maggiore e più profonda conoscenza delle tecnologie abilitanti.

Tra le possibili azioni da adottare, le imprese indicano come prioritaria l’informazione circa gli strumenti finanziari a supporto degli investimenti, l’aggiornamento e la sensibilizzazione degli imprenditori e lo sviluppo di una campagna di comunicazione che individui aziende campione e diffonda buone pratiche.

Occorre un’azione diversificata: le imprese che hanno già intrapreso il percorso dell’innovazione devono percepire meglio l’esistenza della diretta connessione tra le tecnologie e le competenze adottate e le logiche economiche che possono permettere loro di sviluppare nuovi modelli di business. Allo stesso tempo è necessario aiutare i non-adopters a vincere lo scetticismo spiegando che si può adottare un approccio graduale all’introduzione di queste tecnologie: “iniziare in piccolo già da domani ma, pensando in grande”.

 

La pressione internazionale (e gli agguerriti competitors) rende però obbligata, nel medio periodo, una reale discontinuità (tecnologica, di competenze ed organizzativa). Sì quindi ad un approccio graduale (per non lasciare indietro una fetta troppo ampia di aziende) ma nell’ambito di un programma più ampio e di una visione complessiva di politica industriale indispensabile per il Paese.

«Industry 4.0 - dichiara Fabio Storchi, Presidente Federmeccanica - è più di una sfida, è “una rivoluzione industriale” in atto (anche se noi preferiamo parlare di evoluzione) a cui dobbiamo partecipare da protagonisti, per consentire alle imprese di intercettare il cambiamento e di non restare esclusi dalle traiettorie competitive dell'industria globale. In questo scenario - in cui la Fabbrica Intelligente non è un fattore meramente congiunturale bensì strutturale - il ruolo di Federmeccanica è quello di agire come “nodo intelligente”, promuovere e diffondere la cultura dell'innovazione, come indispensabile driver di competitività e crescita dell'Industria italiana. L'economia della conoscenza e la digitalizzazione ormai permeano ogni fase del processo produttivo, rendono interconnesso l’intero ciclo e ridefiniscono le catene del valore e i modelli di business. È di cruciale importanza che le imprese siano consapevoli di questa ineluttabile trasformazione e agiscano per volgerla a proprio favore, per trasformare le minacce in opportunità di crescita e sviluppo. A questo scopo Federmeccanica ha costituito la Task Force “Liberare l’ingegno” che si è posta l’obiettivo di “censire” a livello nazionale le applicazioni pratiche sviluppate dalle imprese associate, con la finalità di metterle a fattore comune, a beneficio di tutti: aziende interessate, parti sociali, lavoratori e attori istituzionali».

«Industry 4.0 - conclude il Presidente Storchi - avrà un riflesso significativo anche sul capitale umano e sulle professionalità necessarie a sostenere i nuovi modelli di produzione e del lavoro. L’investimento sulla tecnologia non è infatti sufficiente da solo. L'innovazione dei sistemi produttivi passa soprattutto dalle persone e dalle loro competenze. Questa è la vera “infrastruttura” portante del cambiamento, il fattore distintivo e competitivo. Sono pertanto necessari investimenti formativi qualificati ed é indispensabile che questi si sviluppino anche all’interno dei luoghi di lavoro, in continua connessione con le scuole, le Università e i centri di ricerca».

L’indagine integrale è disponibile sul sito: http://www.federmeccanica.it/industria40